L’assegno mensile

L’assegno mensile in tema di invalidità civile è stato istituito con l’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118.

REQUISITI

Età
Compresa tra i diciotto e i sessantacinque anni.
Grado di invalidità
In sede di visita medica presso la competente commissione sanitaria, deve essere stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 74 %.
Condizione economica e lavorativa
E’ richiesto che gli interessati si trovino in stato di bisogno economico.
Deve trattarsi di soggetti “incollocati” al lavoro. L’assegno spetta per il tempo in cui l’invalido risulti incollocato al lavoro.
Cittadinanza
E’ necessario essere cittadini italiani ed avere la residenza in Italia.
Hanno diritto all’assegno mensile, in presenza dei suddetti altri requisiti, anche i cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea regolarmente residenti in Italia, che abbiano svolto un lavoro dipendente o autonomo in uno degli Stati dell’Unione.
Possono aver diritto all’assegno anche i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno (art. 39 della legge 6 marzo 1998, n. 40, e art. 41 del decreto legìslativo 25 luglio 1998, n. 286). Per l’applicazione di questa disposizione (e delle altre contenute nella legge e nel decreto menzionati) è stato emanato il regolamento di attuazione approvato con d.RR. 31 agosto 1999, n. 394.

LA RIDUZIONE DELLA CAPACITÀ LAVORATIVA

Sino Al 12 Marzo 1992 Era Sufficiente Una Percentuale Del 67%

L’art. 13 della legge n. 118 del 1971 aveva fissato nella misura di due terzi la percentuale minima di riduzione della capacità lavorativa per il diritto all’assegno mensile.

L’art. 9 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, ha elevato detta misura al 74 per cento con decorrenza dal 12 marzo 1992, data di entrata in vigore del decreto di approvazione della nuova tabella delle percentuali di invalidità.

Il secondo comma del citato art. 9 ha fatto salvi i diritti acquisiti dagli invalidi che alla data suddetta già beneficiavano dell’assegno mensile o avevano ottenuto il riconoscimento dei requisiti sanitari da parte della competente commissione medica. Pertanto in tal caso non si è fatto luogo alla revoca della provvidenza, anche se all’invalido era stato riconosciuto un grado di invalidità compreso tra i due terzi ed il 74 per cento.

Con sentenza della Corte Costituzionale 29-31 maggio 1995, n. 209, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – serie speciale – n. 24 del 7 giugno 1995, il predetto secondo comma è stato dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede che restino salvi anche i diritti dei cittadini che abbiano presentato domanda di riconoscimento dell’invalidità civile anteriormente al 12 marzo 1992 e per i quali l’accertamento sanitario sia intervenuto, da parte della competente commissione medica, posteriormente a tale data.

In questi casi, quindi, continua a trovare applicazione, ai fini dei diritto all’assegno mensile, la percentuale di invalidità dei due terzi (67%).

La Corte non si è pronunciata sull’applicabilità, nella fattispecie considerata, della tabella delle menomazioni vigente alla data di presentazione della domanda (cioè della più favorevole tabella approvata con decreto dei Ministro della sanità 25 luglio 1980), in quanto il caso non è stato sottoposto al suo esame, ma al quesito è stata data risposta affermativa per le medesime argomentazioni che sono alla base della sentenza.

In conclusione, per le domande di riconoscimento dell’invalidità presentate prima del 12 marzo 1992 gli accertamenti sanitari debbono essere effettuati applicando i criteri all’epoca previsti cioè la vecchia tabella e la percentuale del 67%, mentre la nuova tabella e la percentuale dei 74% si applicano agli invalidi che hanno presentato domanda dopo il 12 marzo 1992.

Per i casi già definiti, per i quali sia intervenuto provvedimento sfavorevole emanato ai sensi dell’art. 9, secondo comma, del decreto legislativo n. 509 del 1988, gli interessati possono presentare istanza di riesame, i cui effetti, in caso di esito favorevole, decorreranno dall’8 giugno 1995, vale a dire dal giorno successivo alla data di pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale, a norma dell’art. 136, primo comma, della Costituzione e dell’art. 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

E preclusa la possibilità dei riesame nei casi che hanno costituito oggetto di ricorsi definiti con sentenza passata in giudicato o che comunque sono divenuti irrevocabili per decorso dei termine di prescrizione quinquennale (decorrente dalla data dei provvedimento negativo) o di decadenza o comunque per sopraggiunta improponibilità dell’azione giudiziaria.

Dopo Il 12 Marzo 1992

In sede di visita medica presso la competente commissione sanitaria, deve essere stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 74%.

LO STATO DI INCOLLOCAMENTO AL LAVORO

A differenza di tutte le altre categorie di invalidi, per le quali il diritto alla pensione non è subordinato ad alcuna condizione circa l’esercizio o meno di un’attività lavorativa (purché, ovviamente, la retribuzione a questa connessa non superi il previsto limite massimo di reddito), l’invalido civile parziale per poter conseguire l’assegno mensile deve dimostrare di essere “incollocato al lavoro”, cioè di non essere disoccupato per aver rifiutato un posto di lavoro al quale sia stato chiamato in base alle disposizioni sul collocamento obbligatorio.

La norma va messa in relazione all’art. 13, secondo comma, della legge n. 118 del 1971, il quale prevede che l’assegno mensile può essere revocato, su segnalazione dell’ufficio provinciale del lavoro, qualora risulti che il beneficiario non acceda a posto di lavoro in mansioni compatibili con le sue condizioni fisiche.

Attestazione Della Condizione

Il requisito di “incollocato al lavoro” è comprovato coi certificato di iscrizione nelle liste di collocamento, documento che può essere rilasciato solo dopo il riconoscimento dell’invalidità civile.

Per consentire che l’invalido consegua l’assegno mensile prima del rilascio dei certificato, è ritenuta valida una sua dichiarazione di responsabilità dalla quale risulti che egli per il periodo intercorrente tra la presentazione della domanda di riconoscimento dell’invalidità e il mese successivo a quello di notifica di tale riconoscimento non ha svolto attività lavorativa e non ha chiesto l’iscrizione nelle liste ordinarie di collocamento a causa delle sue minorazioni.

Per il periodo successivo alla notifica del verbale di riconoscimento dell’invalidità è necessario presentare il certificato di iscrizione nelle liste di collocamento, la cui mancanza si traduce in un difetto dei requisito previsto dalla legge per il diritto all’assegno mensile (Corte di cassazione, S. U., sentenza 10 gennaio 1992, n. 203, e Sezione lavoro 3 marzo 1994, n. 7050).

CONDIZIONI ECONOMICHE

A norma dell’art. 12, terzo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ai fini del diritto all’assegno mensile spettante agli invalidi civili parziali si applica il limite di reddito individuale previsto per la concessione della pensione sociale da parte dell’INPS.

Ai fini del diritto all’assegno, si considera il limite di reddito relativo all’anno in cui l’assegno dev’essere corrisposto e si confronta tale limite con i redditi percepiti dall’invalido nell’anno precedente.

MISURA DELL’ASSEGNO MENSILE

La misura dell’assegno mensile, originariamente stabilita in lire 12.000 mensili, è stata, con legge 29 febbraio 1980, n. 33, uniformata a quella della pensione di inabilità degli invalidi totali.

Rivalutazione Annuale

L’art. 14 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha stabilito che gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali e assistenziali sono determinati, con decorrenza 1° gennaio di ogni anno, sulla base del solo adeguamento al costo della vita, calcolato in relazione all’indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati.

Questo criterio è stato modificato dall’art. 54, 12′ comma, dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, il quale ha stabilito che a decorrere dal l’ gennaio 1998 la rivalutazione è calcolata sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati e operai rilevato dall’ISTAT.

INVALIDI ULTRASESSANTENNI E LA FINANZIARIA 2002

Invalidi Con Più Di 65 Anni

Dal 1° Gennaio 2002 è innalzata a 1.000.000 lire, cioè 516,45 euro, la provvigione in favore di chi:

  1. essendo invalido al 100% già percepisce una pensione di inabilità o un assegno di invalidità ed abbia un’età pari o superiore ai 60 anni.
  2. non essendo invalido al 100% percepisca, comunque, la pensione o l’assegno sociale e si trovi nelle seguenti condizioni:
    • 70 anni di età o più;
    • 69 anni di età e contribuzione versata per almeno 5 anni;
    • 68 anni di età e contribuzione versata per almeno 10 anni;
    • 67 anni di età e contribuzione versata per almeno 15 anni;
    • 66 anni di età e contribuzione versata per almeno 20 anni;
    • 65 anni di età e contribuzione versata per almeno 25 anni;
Limiti di reddito per entrambe predette ipotesi:
La maggiorazione viene concessa a condizione che il beneficiario:
  • se vive da solo, non consegua redditi propri per un importo superiore a 13 milioni di lire, cioè 6.713,98 euro;
  • se coniugato, non percepisca comunque redditi propri per un importo superiore a 13 milioni di lire. Inoltre la somma del suo reddito personale con quello del coniuge non deve superare la somma del limite personale predetto (13 milioni di lire) con l’importo annuo dell’assegno sociale.

CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ

Incompatibilità Con Altre Provvidenze Economiche

L’assegno mensile è incompatibile con l’assegno di invalidità erogato dall’INPS agli invalidi del lavoro iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (l’esclusione è disposta dall’art. 9 della legge 26 febbraio1982, n. 54, e dall’art. 1della legge 12 giugno 1984, n. 222).

L’assegno mensile, a decorrrere dal 1°gennaio 1991, è incompatibile con qualsiasi prestazione a carattere diretto concessa a seguito di invalidità contratta per causa di guerra, di lavoro o di servizio, nonché con qualsiasi pensione diretta di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità la vecchiaia e i superstiti, delle gestioni pensionistiche per i lavoratori autonomi e di ogni altra gestione pensionistica per i lavoratori dipendentí avente carattere obbligatorio (art. 3 della legge 29 dicembre 1990, n. 407).

Il divieto di cumulo previsto dalla legge n. 407 è stato confermato dall’art. 12 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, la quale lo ha invece abrogato per tutte le altre categorie di minorati (invalidi civili totali, ciechi civili, sordi) e, con norma transitoria, ha fatto salvi i diritti alle prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell’interno fino a tutto il 1 ‘ gennaio 1992.

Scelta Fra Le Provvidenze Economiche Opzionabili

E’data facoltà all’interessato di optare per il trattamento economico più favorevole secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno, di concerto col Ministro del lavoro e previdenza sociale e coi Ministro del tesoro.

Le modalità di attuazione dell’art. 3 della legge n. 407 del 1990 sono state stabilite con decreto 30 dicembre 1992, n. 553, il quale ha disposto che la facoltà di opzione dev’essere esercitata appena l’interessato riceve la notifica del verbale della competente commissione sanitaria che ha riconosciuto l’invalidità civile.

A tal fine, egli deve inviare alla Prefettura che ha in istruttoria la pratica di concessione dell’assegno mensile una dichiarazione dell’ente erogatore della prestazione pensionistica incompatibile, attestarite l’avvenuta presentazione di un atto di rinuncia alla prestazione stessa.

Sarà compito della Prefettura concordare con l’ente predetto i tempi di cessazione del trattamento pensionistico cui si è rinunciato, in modo da evitare interruzioni nel pagamento della prestazione.

Qualora l’invalido rinunci invece all’assegno mensile, la Prefettura ne prende atto e non dà seguito al provvedimento concessivo dell’assegno. In tal caso l’interessato deve presentare all’ente erogatore una dichiarazione rilasciata dalla Prefettura attestante l’avvenuta rinuncia all’assegno mensile.

L’INPS ha impartito disposizioni nel senso che tale rinuncia è irretrattabile e che i contributi sulla cui base è liquidata la prestazione per la quale l’interessato ha optato rimangono acquisiti alla gestione per la quale sono stati versati.

Se la situazione di incompatibilità si manifesta dopo la concessione dell’assegno mensile, l’invalido ha l’obbligo di comunicarlo all’INPS entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento degli altri enti, concessivo del trattamento pensionistico di invalidità incompatibile.

INVALIDI ULTRASESSANTACINQUENNI

Invalidi Con Più Di 65 Anni

Al compimento del sessantacinquesimo anno di età cessa la corresponsione dell’assegno mensile e in sostituzione è concessa la pensione sociale a carico del fondo di cui all’art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153.

In tal senso dispone l’art. 19 della legge n. 118 dei 1971, confermato dall’art. 11 della legge 18 dicembre 1973, n. 854.

Ulteriore conferma è contenuta nell’art. 8, secondo comma, del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509.

Il terzo comma di detto art. 8 stabilisce che se l’importo della pensione sociale risulti inferiore a quello della pensione di inabilità, la differenza è corrisposta a titolo di assegno “ad personam”.

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